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Trasferimenti patrimoniali tra generazioni

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Trasferimenti patrimoniali tra generazioni 

Il corso si occupa di esaminare gli strumenti di tutela del patrimonio nel
passaggio generazionale.
Spesso non si conoscono con specificità le problematiche che possono originare da una mancata pianificazione successoria e questo può costringere, però, a dover decidere le sorti dei propri beni in poco tempo, senza poter programmare adeguatamente la divisione degli stessi tra gli eredi o, peggio ancora, può accadere che una morte improvvisa ed inaspettata non ci permetta di lasciare disposizioni agli eredi su come gestire, amministrare e, soprattutto, dividere la massa ereditaria.
Analizzare preventivamente il proprio caso con un professionista esperto è fondamentale, anche per non commettere errori – spesso irrimediabili – nella scelta degli strumenti da utilizzare per un’adeguata pianificazione nel campo della protezione patrimoniale e passaggio generazionale.


Il primo modulo esamina due strumenti negoziali che, seppur appartenenti a tradizioni giuridiche diverse, presentano una astratta portata applicativa, declinata nei termini della solidarietà e della protezione patrimoniale familiare, funzionalmente equi ordinata ovvero il fondo patrimoniale ed il trust.
Tra gli altri strumenti utilizzabili per tutelare il patrimonio nella, fase di passaggio generazionale, possono essere ricompresi: i fondi pensione, le polizze assicurative sulla vita, il mandato fiduciario, l’usufrutto e la nuda
proprietà ed i vincoli di destinazione.


Il secondo modulo approfondisce gli strumenti di tutela patrimoniale utilizzati in ambito prettamente aziendale da parte di imprenditori che desiderano preventivamente programmare la gestione dell’impresa di cui sono titolari per quando non potranno più essere loro a dirigerla. Tra i vari istituti utilizzabili ci sono la fondazione, il patto di famiglia ovvero un
contratto disciplinato dagli artt. 768-bis e ss. del Codice civile tramite cui l’imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l’azienda o le proprie quote della stessa al coniuge o ad uno o più discendenti ben determinati, ossia a chi, tra i suoi discendenti, egli considera il più idoneo a proseguire l’attività imprenditoriale. In presenza di più eredi tale istituto può
certamente contribuire a ridurre la litigiosità, purché il patrimonio sia sufficiente a compensare le quote degli eredi legittimari non prescelti per la prosecuzione dell’attività imprenditoriale. I costi sono contenuti ed il trattamento fiscale è favorevole e nonostante le implicazioni psicologiche siano indubbiamente rilevanti per l’imprenditore (che deve da un lato escludere dalla gestione alcuni eredi e dall’altro pianificare la sua sostituzione come figura imprenditoriale di riferimento), il patto di famiglia può diventare un punto di riferimento importante per l’armonia tra i familiari e la prosperità dell’impresa.


Nel terzo modulo viene affrontata la disamina delle donazioni con particolare approfondimento di differenze e punti in comune tra le donazioni dirette e quelle indirette. Il corso affronta modalità di costituzione, effetti e recenti pronunce giurisprudenziali in materia di donazione.


Infine, il quarto modulo esamina l’eredità devoluta e l’accettazione beneficiata, con particolare riguardo alla successione dei minori e relativa autorizzazione da parte del giudice tutelare. 

Date e orari

Si svolge esclusivamente on line e comprende 4 videolezioni da un'ora ciascuna. 

Le lezioni possono essere seguite liberamente: non c’è un vincolo di tempo per completare il corso e ogni lezione può essere vista anche più di una volta.

Diplomi / certificazioni / crediti formativi / Esame finale

E' richiesta l'interazione con risposta quesiti a risposta multipla.

Diplomi / certificazioni / crediti formativi / Esame finale

In fase di accreditamento 

Programma

MODULO 1 - Avv. Barbara Ferrari


La tutela del patrimonio nel passaggio generazionale: strumenti di gestione del patrimonio:
La moderna economia, sempre più aperta alla costituzione di patrimoni destinati a scopi predeterminati, rende interessante il confronto, in termini di efficienza, tra due strumenti negoziali che, seppur appartenenti a tradizioni giuridiche diverse, presentano una astratta portata applicativa, declinata nei termini della solidarietà e della protezione patrimoniale familiare, funzionalmente equi ordinata. 

IL FONDO PATRIMONIALE


Il fondo patrimoniale viene comunemente definito come un complesso di beni immobili, mobili iscritti in pubblici registri e titoli di credito destinati a soddisfare “i bisogni della famiglia”, al fine di garantire a quest’ultima stabilità economica. La costituzione del fondo spetta ai coniugi, alle parti unite civilmente (o a ciascuno di essi) o anche ad un terzo, seppur
estraneo al nucleo familiare. Concreta, sempre, un atto tipico, in particolare una convenzione matrimoniale, e richiede, quindi, i requisiti di forma previsti in materia dal Legislatore: atto pubblico ad substantiam, nonché, in ragione della sua natura, l’assoggettamento al regime pubblicitario di cui all’art. 162 c.c., ai fini dell’opponibilità ai terzi.
Il vincolo impresso sui beni che compongono il fondo patrimoniale impedisce l’esecuzione sui beni che ne sono oggetto e sui loro frutti per i debiti che il creditore sapeva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia (art. 170 c.c.). Dalla destinazione discende, dunque, una distinzione tra i creditori del fondo e i creditori personali dei
costituenti: rispetto a questi ultimi soltanto il fondo patrimoniale diviene, a tutti gli effetti, “segregato”. 

In quest’ottica, il fondo patrimoniale sembra rappresentare, quindi, uno strumento privilegiato di assolvimento degli obblighi familiari e, nel contempo, di cura e tutela dell’indirizzo familiare prescelto attraverso un rigoroso vincolo di inespropriabilità che impedisce alle vicende personali dei coniugi (o delle parti unite civilmente) di pregiudicare la sicurezza economica della famiglia. 


TRUST 
In particolare, i limiti fisiologici del fondo patrimoniale si comprendono appieno e divengono manifesti nel momento in cui si raffronta l’istituto con il “contiguo” strumento giuridico del trust, schema negoziale che, per la sua innata flessibilità e versatilità, è in grado di attuare, di volta in volta, funzioni economico-individuali diversamente orientate, purché lecite e
meritevoli di tutela (art. 1322 c.c.) Con il trust un soggetto, il disponente, destina a vantaggio di terzi (c.d. beneficiari) uno o più beni, i quali cessano di essere di sua proprietà ed entrano nella titolarità di un altro soggetto, il trustee, con l’obbligo a carico di quest’ultimo di gestire detti beni esclusivamente in funzione della destinazione stabilita e sulla base di un programma oggettivamente limitato dal disponente stesso (c.d. atto istitutivo).
In quest’ottica il trust consente di pianificare le risorse patrimoniali e gli assetti economici di una famiglia in maniera sartoriale, attraverso la creazione su misura sia di singole che plurime posizioni beneficiarie e regolando le diverse attribuzioni, secondo una sequenza ordinata ed in relazione alle distinte esigenze dei membri della medesima famiglia, sia in vigenza che al termine finale del trust. 
Perno del trust è un programma fissato dal disponente diretto ad assicurare che la destinazione, rispetto alle finalità previste dall’atto istitutivo, sia effettiva e si compia proficuamente. La realizzazione del programma implica l’affidamento ad un soggetto imparziale, il trustee, al quale sono trasferiti i beni, e che assume a suo carico precise “obbligazioni fiduciarie” nei confronti dei beneficiari. L’agire del trustee, in buona sostanza, è vincolato allo svolgimento di una attività gestoria, funzionale all’attuazione della destinazione programmata, attorno alle quali gravitano gli interessi dei beneficiari, i quali hanno, quindi, il diritto di attendersi che il trustee adempia puntualmente ed esattamente le
disposizioni contenute nell’atto istitutivo. 
Tra gli strumenti utilizzabili per tutelare il proprio patrimonio nella fase di passaggio generazionale, possono essere ricompresi: 


1) I FONDI PENSIONE
2) LE POLIZZE ASSICURATIVE SULLA VITA
3) IL MANDATO FIDUCIARIO
4) L’USUFRUTTO E LA NUDA PROPRIETA’
5) I VINCOLI DI DESTINAZIONE
6) IL TRUST

MODULO 2 - Avv. Barbara Ferrari


La tutela del patrimonio aziendale nel passaggio generazionale.

Ci sono strumenti utilizzati in ambito prettamente aziendale da parte di imprenditori che desiderano preventivamente programmare la gestione dell’impresa di cui sono titolari per quando non potranno più essere loro a dirigerla.


LA FONDAZIONE: è un istituto che si costituisce mediante atto unilaterale con cui il fondatore dà vita ad un ente mirante all’ottenimento di uno scopo predeterminato non lucrativo e di pubblica utilità (caritatevole, assistenziale, culturale, etc.) e vi conferisce il patrimonio necessario a perseguirlo. Le fondazioni sono enti che si avvalgono di un patrimonio per perseguire uno scopo non economico. Si tratta, quindi, di enti senza scopo di profitto. Ad esempio, si pensi alle fondazioni che si occupano della ricerca sul cancro o dell’erogazione di borse di studio a giovani in difficoltà economiche o della valorizzazione di determinati beni culturali.

Esse sono dotate della personalità giuridica, che si ottiene con la medesima procedura prevista per le associazioni riconosciute. Il mancato riconoscimento impedisce alla fondazione di operare. Infatti, mentre un’associazione può esistere anche senza il riconoscimento (associazione non riconosciuta), per le fondazioni ciò non accade. Tale differenza dipende proprio dalla diversa natura dell’ente. Infatti, tramite la fondazione, viene creato un patrimonio separato, caratterizzato da un vincolo di destinazione e la possibilità di creare patrimoni separati avviene solo nei casi stabiliti dalla legge (art. 2740 c. 2 c.c.).


IL PATTO DI FAMIGLIA: La nuova legislazione sul patto di famiglia dispone oggi invece la liceità del contratto con il quale l’ imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l’azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti è inoltre sancito che l’attributario dell’azienda (in ipotesi: il figlio dell’imprenditore) o delle partecipazioni “compensi” gli altri legittimari partecipanti alla stipula del patto (ad esempio: i fratelli del donatario e il coniuge del donante); a meno che a detta “compensazione” provveda direttamente colui che dona l’azienda, trasmettendo altri beni ai familiari non beneficiari della donazione dell’azienda.
La tematica che il legislatore ha inteso regolare è dunque quella dell’imprenditore individuale o del titolare di una “società familiare” che intenda assegnare la sua azienda a taluno dei suoi congiunti senza tuttavia voler effettuare discriminazioni tra costoro; e allora la scena che il legislatore si è figurato è quella dell’ attribuzione gratuita dell’azienda da parte del fondatore a favore di uno dei suoi figli (quello ritenuto meritevole e capace di proseguire l’attività aziendale) e della “compensazione” degli altri familiari mediante l’attribuzione di sostanze diverse dal compendio aziendale.
La nuova disciplina del patto di famiglia prevede una pluralità di operazioni per realizzare lo scopo della trasmissione generazionale dell’azienda di famiglia:


1. a) il trasferimento dell’azienda o delle partecipazioni al capitale sociale da parte dell’imprenditore ad alcuno dei suoi discendenti;

2. b) la liquidazione degli altri familiari non continuatori dell’impresa di famiglia da parte dell’imprenditore che dona l’azienda oppure da parte dei discendenti che hanno conseguito l’attribuzione dell’azienda.
Perché dunque si abbia un “patto di famiglia” nel senso voluto dalla nuova legislazione appena introdotta, occorre che:
* il disponente sia titolare di una attività d’impresa individuale o di un pacchetto di partecipazioni societarie;
* il beneficiario o i beneficiari dell’attribuzione dell’azienda o delle partecipazioni siano soggetti qualificabili come “discendenti” del disponente (e che quindi si tratti dei suoi figli, legittimi, naturali o adottivi oppure dei suoi nipoti e cioè dei figli dei suoi figli); altri famigliari, quali ad esempio i genitori, il coniuge e i fratelli del disponente non sono pertanto
soggetti ritenuti dalla legge idonei alla stipula del patto di famiglia;
* al patto partecipino coloro che sarebbero qualificabili come legittimari del disponente se egli morisse nello stesso momento in cui il patto di famiglia viene stipulato: si tratta del coniuge, dei suoi figli (e, in caso di
loro premorienza, dei discendenti ulteriori) e degli ascendenti, cioè i genitori se mancano i figli; il patto di famiglia, quindi, non coinvolge i fratelli dell’imprenditore, il suo convivente, e nemmeno zii, cugini e altri parenti.


LA COSTITUZIONE FAMILIARE: con tale espressione si intende l’insieme di regole scritte e non scritte condivise e/o firmate dai familiari ma non giuridicamente vincolanti. Detto istituto può avere forma scritta o essere costituito da un patrimonio di valori e regole di comportamento, tramandati di generazione in generazione, di cui favorisce la memoria storica come punto di riferimento per le generazioni future. È uno strumento più indicato per quelle società formate da più gruppi familiari o membri acquisiti (ad es. nuore, generi, ex mogli, etc.) che desiderano entrare a far parte della compagine societaria.

MODULO 3 - Avv. Barbara Ferrari


Le donazioni dirette ed indirette 


La donazione, ai sensi dell’art. 769 c.c., è un contratto con cui, una parte, per spirito di liberalità, arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa un diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione.
Il contratto si forma solo con l’accettazione dell’altrui proposta: può essere dichiarata dal donatario nello stesso contesto in cui la proposta è formulata dal donante, o anche separatamente.
L’oggetto della donazione può consistere nella disposizione di un diritto del donante in favore del donatario oppure nell’assunzione di un’obbligazione del donante verso il donatario.
La donazione non può avere ad oggetto beni futuri, infatti, si considera inammissibile anche il contratto preliminare di donazione, poiché quest’ultima perderebbe, in tal caso, il carattere di liberalità e spontaneità
che la caratterizzano.
La donazione è un contratto con rigidi requisiti formali: è richiesta la forma dell’atto pubblico con l’assistenza di due testimoni; l’obiettivo è la tutela del donante contro decisioni impulsive.
La causa della donazione è suggerita dalla legge stessa e coincide con lo spirito di liberalità del donante e l’arricchimento del donatario, anche se le ragioni giustificative dei contratti di questo tipo sono spesso celate nei
motivi che vengono, in questo caso, a rilevare anche dal punto di vista giuridico.
La donazione è il contratto con il quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione. La donazione è quindi un contratto: da ciò discende che, una volta conclusa, essa è di norma irrevocabile ad opera di una delle parti.
Gli elementi essenziali della donazione sono due:

 lo spirito di liberalità;

 l’arricchimento del donatario.

Come si costituisce Elemento essenziale della donazione è la forma: infatti, essa deve essere conclusa per atto pubblico alla presenza di due testimoni; pertanto, l’intervento del notaio è necessario al fine di disporre dei propri beni a titolo di donazione. La necessità dell’atto pubblico si giustifica con l’importanza dell’atto di donazione e per gli effetti sul patrimonio del donante che deve essere, oltre che capace d’intendere di volere, pienamente consapevole dell’atto che sta facendo e di tutte le conseguenze che ne derivano. È quindi molto importante la consulenza del notaio per avere tutti i chiarimenti necessari e opportuni.

Le aliquote – determinate secondo i dati forniti da agenziaentrate.gov.it – sono:

  •  del 4% per il coniuge e i parenti in linea retta, da calcolare sul valore eccedente 1 milione di euro, per ciascun beneficiario;
  •  del 6% per fratelli e sorelle, da calcolare sul valore eccedente 100mila euro, per ciascun beneficiario;
  •  del 6% da calcolare sul valore totale (cioè, senza alcuna franchigia), per gli altri parenti fino al quarto grado, affini in linea retta, affini in linea collaterale fino al terzo grado;
  •  dell’8% da calcolare sul valore totale (cioè, senza alcuna franchigia), per le altre persone.
  •  nel caso di una persona portatrice di handicap grave l’imposta si applica sulla parte del valore della quota che supera € 1.500.000, a prescindere dal grado di parentela tra i soggetti coinvolti.


L’imposta non è dovuta se la donazione è a favore di:

  •  Stato, Regioni, Province, Comuni;
  •  Enti pubblici, fondazioni o associazioni legalmente riconosciute che abbiano come scopo esclusivo assistenza, studio, ricerca scientifica, altre finalità di pubblica utilità;
  •  onlus e fondazioni bancarie. 
  •  

MODULO 4 - Avv. Barbara Ferrari


Eredità devoluta a minori e accettazione beneficiata 


Nel nostro ordinamento la capacità di agire, ossia l’idoneità a porre in essere atti giuridici, si acquista con la maggiore età (art. 2 c.c.). Pertanto, il minore non può accettare o rinunciare personalmente all’eredità ma occorre l’intervento dei genitori che, a loro volta, non possono accettare o rinunciare senza autorizzazione del giudice tutelare (art. 320 c. 3 c.c.). Eventualmente, può essere necessaria la nomina di un curatore speciale (art. 321 c.c.). Ciò premesso, la legge prevede che i minori possano accettare l’eredità solo con il beneficio di inventario (art. 471 c.c.); lo stesso vale per gli interdetti, per le persone giuridiche, le associazioni, fondazioni e per gli enti non riconosciuti (art. 473 c.c.).

La ratio della norma consiste nel tutelare gli incapaci, sottraendoli dall’ordinario regime di responsabilità illimitata per i pesi ereditari.

  •  A tal proposito, preme ricordare che:
  •  con l’accettazione pura e semplice si verifica la confusione del patrimonio del de cuius con quello dell’erede, il quale subentra nell’attivo e nel passivo e risponde dei debiti ereditari come se fossero

i propri (responsabilità patrimoniale illimitata), con l’accettazione beneficiata i due patrimoni (dell’ereditando e

dell’erede) rimangono separati e l’erede risponde di eventuali debiti solo con i beni ereditati e non con i propri (responsabilità patrimoniale limitata).

È di tutta evidenza che l’accettazione con beneficio di inventario costituisca un “vantaggio” per l’erede che è tenuto al pagamento dei debiti ereditari solo intra vires, ossia nei limiti del valore dei beni ereditati, mentre l’erede puro e semplice risponde ultra vires.
L’accettazione con beneficio di inventario avviene mediante dichiarazione, ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione (art. 484 c.c.).

Per quanto attiene alla redazione dell’inventario:


a) se il chiamato all’eredità è nel possesso dei beni ereditari (ad esempio, la figlia che vive nella casa del genitore poi defunto), deve fare l’inventario entro tre mesi dall’apertura della successione ed entro i 40
giorni successivi accettare o rinunciare all’eredità; decorsi infruttuosamente tali termini, il chiamato si considera erede puro e semplice (art. 485 c.c.);
b) se il chiamato non è nel possesso nei beni ereditari, può rendere la dichiarazione di accettazione con beneficio sino a che non sia prescritto il diritto di accettare (art. 487 c.c.); ma dopo la dichiarazione deve effettuare l’inventario entro tre mesi, se omette tale adempimento, diviene erede puro e semplice.
La differenza di disciplina tra chi sia nel possesso dei beni e chi non lo sia deriva dal fatto che, nel primo caso (sub a), la redazione dell’inventario è un adempimento imposto a tutela dei creditori e dei legatari ma, in entrambi i casi, l’omessa redazione comporta la responsabilità ultra vires hereditatis.

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Avv. Barbara Ferrari 

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